di Fabrizio P.
L’organizzazione per l’immigrazione clandestina verso Israele (Alyah Bet) nell’immediato dopoguerra offrì appoggio al Mossad in Italia, nella zona di Gianola in Lazio, dove ebbe sede la base segreta israeliana nota come “THE HILL”; qui gli israeliani furono addestrati alle azioni belliche di vario tipo da ex operatori della X MAS (comprese le famose incursioni marine tipiche della disciolta unità italiana).
I componenti della X MAS che poi andarono in Israele (nel 1948), furono: il Capitano Calderoni del battaglione Nuotatori Paracadutisti, il Sottotenente di Vascello Nicola Conte, pilota di mezzi subacquei e il Capo di terza classe Fiorenzo Capriotti, pilota di barchini esplosivi; Nicola Conte (decorato con medaglia d’oro al valor militare), era ancora in Servizio nei quadri della Marina Militare mentre Capriotti e Calderoni al momento di partire erano già in congedo. Capriotti poi scrisse in un libro la partecipazione degli italiani alla nascita della “ Shayetet 13” o “Tredicesima Flottiglia”, unità di commando della Marina Militare israeliana tuttora esistente).
Il “sistema” o “metodo israeliano” di tiro operativo è una parte dell’addestramento KAPAP, un metodo di combattimento militare che, volendo semplificare di molto, è stato poi trasportato in ambiente civile e denominato KRAV MAGA (anche se in realtà ne esiste la versione militare); le finalità di queste metodologie non contengono quindi aspetti sportivi o di competizione e non sono applicabili ad esse (non in toto, almeno).
Il metodo di tiro si fonda sulle reazioni istintive dell’operatore per ingaggiare velocemente una o più minacce alla breve e media distanza; è applicabile indistintamente alla pistola e all’arma lunga, avendo una propria “kinestesi”tipica, facilmente apprendibile da persone che non hanno la possibilità di addestrarsi costantemente e assiduamente.
L’obbiettivo è quello di neutralizzare la minaccia nel minor tempo possibile utilizzando gli istinti dell’essere umano in situazione di forte stress psicofisico,infatti nei corsi formativi vengono spesso riportate come esempio le reazioni dei neonati al pericolo: adattandole quindi all’adulto ed integrandole con aspetti quali la velocità e la determinazione si porta l’operatore a gestire al meglio la propria o altrui difesa.
Per quanto sopra, si può affermare che la posizione di tiro da combattimento israeliana riprende la postura naturale che il corpo umano assume in una situazione di stress: in una situazione pericolosa o a rischio o di forte tensione emotiva il corpo tenderà a 1) chiudersi in protezione per quel che riguarda soprattutto la parte alta, 2) a piegare le ginocchia caricando i muscoli delle gambe che tenderanno ad allargarsi e, 3) ad abbassare il baricentro per conferire stabilità. Per il metodo israeliano questa è la posizione da combattimento ideale; a posizione di tiro da combattimento israeliana quindi non fa altro che adottare la postura che il corpo adotta naturalmente ed inconsciamente sotto stress e lo stesso si può dire dell’impugnatura che prevede di serrare l’arma corta mantenendo i pollici incrociati e, nella carabina, chiudendo bene i gomiti.

MOVIMENTO
Il tiro israeliano, di base, non prevede il colpo camerato (condizione 2), né il tiro in movimento e la tecnica utilizzata per ritrovare stabilità (e quindi precisione nell’azione di fuoco) dopo una corsa con l’arma impugnata fa muovere “a stantuffo” rapidamente le gambe e i piedi durante l’operazione di arresto, adottando nel contempo la posizione del corpo sopra descritta e consentendo all’operatore di mantenere l’equilibrio e non scivolare, ottenendo per così dire un “effetto ABS” molto efficace su qualsiasi terreno o tipologia di fondo.

CONCLUSIONI
- La “scuola israeliana” ha diversi aspetti positivi per quanto riguarda l’efficacia delle tecniche di difesa dell’operatore; rispetto ad esempio a quelle statunitensi, che per essere assimilate hanno bisogno di un numero maggiore di sessioni addestrative, ha indubbiamente dalla sua tempi di apprendimento inferiori, con conseguenti minori oneri da parte del singolo o di realtà più complesse come le ditte private di trasporto valori, guardie giurate, enti locali ecc.
- Le tecniche come la Weaver o la C.A.R. sono asimmetriche, dinamiche e aggressive; il metodo israeliano è simmetrico e porta l’aggressività a livelli ancora più alti (per aggressività non si intende la brutalità, il sadismo o la rabbia, ma bensì rapidità, volizione, volontà di sopravvivere reagendo combattendo contro un’aggressione), tale filosofia fa sì che si prevalga già a livello mentale su di una ipotetica minaccia. Anche in questo è molto naturale, se si pensa ad esempio al mondo animale, laddove vediamo che qualunque essere vivente se messo alle strette reagisce “vendendo cara la pelle”, per usare una frase fatta.
- Le criticità di questo metodo riguardano soprattutto gli ambiti sportivi del tiro dinamico, da cui provengono le più recenti tecniche americane; per fare un esempio a titolo semplificativo, il cambio caricatore, effettuato portando l’arma all’altezza del volto con la volata puntata in alto, assolutamente sicuro in ambiente tattico-operativo è invece deleterio in un poligono, dove si rende necessario rispettare le altezze imposte dai parapalle per motivi di sicurezza. La stessa presa sull’arma poi, efficacissima per un eventuale utilizzo non convenzionale della stessa (usata ad esempio per percuotere) non è all’altezza di quella a pollici allungati se meramente si prende in considerazione la sola efficacia nel tiro.
TIRO IN GINOCCHIO
Il busto e le spalle rimangono nella postura del tiro in piedi a due mani, ci si inginocchia con una brevissima, quasi impercettibile scivolata e non cadendo sull’articolazione, riducendo così di molto il rischio di comprometterla, il sedere poi si appoggia al tallone; il movimento risultante sarà unico e fluido, non spezzato. E’ questa una posizione molto stabile, utilizzabile anche in contesti di tiro dinamico sportivo, che garantisce una buona precisione e un’ottima mobilità una volta che vi è la necessità di rialzarsi.
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