“Avancarica e Bricolage”

Di Damiano Mastroiaco
(esperto oplofilo, pubblicista del settore armiero). Aggiornato 27.09.25

“Loading block”

Non so voi “recenti”, ma a noi dal candido crine hanno sempre raccontato di quanto fosse macchinoso, complicato e di difficile memorizzazione il caricamento delle armi ad avancarica.

Certo quando si trattava di armi i programmi scolastici si limitavano alla Storia militare, trascurando gli aspetti civili legati ad esse. Come se autodifesa, Caccia, sport, duellismo e artigianato specifico non fossero mai esistiti.


1)Loading Block realizzato dall’autore: lo spessore è inferiore al diametro delle palle in piombo.

Negli anni mi sono poi convinto di quanto si debba anche a questo post-risorgimentale, uniformato punto di vista l’equivoco per cui, in Occidente, non si sarebbero sviluppate le arti marziali “di strada”.  

Ma questa è davvero un’altra storia, anche perché fu proprio la mia generazione, in seguito, a fare giustizia di quell’ottuso ciarpame.

Fra corno da polvere e “possibles bag”.

Se c’è una cosa in cui quei marpioni di fotografi editoriali americani sono maestri è l’evocazione a mezzo “natura morta”. Una coperta in lana tessuta di fattura nativa sulla quale giacciono un fucile a pietra, un tricorno, un rametto di abete e una borsa che sembrano lasciati lì da pochi minuti. In alto a destra una lampada ad olio al cui tremolante baluginare la magia è servita: abbiamo saltato tre secoli.


2) Loading Block in legno di acero della Jedediah Starr Trading Company assieme a un misurino per la polvere realizzato in corno di cervo.

Quasi ci scordiamo di apprendere chi sia l’autore dell’articolo, ma non importa: ormai siamo lì, fra gli Appalachi e le Pianure, sognando le Montagne Rocciose che già ci sembra di intravvedere, e magari l’incontro-scontro col mondo “spagnolesco”.

Su quella coperta c’è anche una cosa strana: null’altro che una tavoletta rettangolare di legno, segnata da una fila di fori all’interno dei quali sono trattenute una serie di palle sferiche in piombo, avvolte in una pezzuola ingrassata già tagliata a misura. A un capo della tavoletta è legato un lungo laccio di cuoio. Sarebbe passata alla Storia come “loading block”, e al pari di corni per la polvere, coltellini per le pezzuole e le stesse calciature dei fucili a pietra, avrebbe subìto le attenzioni “artistiche” di chi ne realizzava e utilizzava.

Molti intagliavano una testa su un capo della tavoletta, oppure si ispiravano a un fiore, a una foglia, a un cuore. Alcuni “loading block” erano ricavati da porzioni di osso, altri sembravano minuscoli taglieri da cucina.


3) Loading Block del tipo più semplice.

Il concetto di “carica preordinata”, che ci avrebbe alla fine regalato il bossolo metallico, risale ai primordi delle armi da fuoco; sarebbe strano il contrario, vista l’importanza di poter ripetere il colpo in velocità, si trattasse di una condizione venatoria o di combattimento. Questo portò allo sviluppo della “cartuccia” negli ambiti militari, null’altro che una “razionalizzazione” delle operazioni di ricarica e delle dosi, che consentì risparmio di tempo e tagli al peso dell’equipaggiamento. Ci erano arrivati già in epoca secentesca, quando si videro i famosi “bossoli”, così chiamati perché realizzati nel prezioso legno di bosso, appesi in bell’ordine alle bandoliere indossate dai “moschettieri”, e pronti a versare dosi di polvere sempre identiche nelle canne dei moschetti a miccia.

Fra i “bossoli” secenteschi e il caricamento “a cartuccia” che segnò tutto il periodo fra l’adozione della pietra focaia e l’avvento della munizione metallica, i coloni pre-rivoluzionari del Nuovo Mondo non stettero certo con le mani in mano, e d’altra parte poteva capitare anche a loro di dover ricaricare il “Pennsilvanya” in tutta fretta.

Dopo aver versato la polvere in canna e nel bacinetto, il “loading block” riesce a farci risparmiare ben tre passaggi in una volta:

1° appoggiare la pezzuola sulla bocca dell’arma.
2° premere la palla sulla pezzuola.
3° impiego del “ball starter”.

Appoggiamo la tavoletta sulla bocca dell’arma e agiamo subito con la bacchetta di caricamento, premendo una delle palle in piombo direttamente in canna, attraverso la tavoletta stessa.

Certo per comprendere al volo tutto questo bisogna essere archibugieri di lunga data, ma lo spirto “missionario” ch’entro mi rugge non rinuncia certo a moltiplicarne il numero…

Affidabilità

Come un arco architettonico “scarica” la sollecitazione di compressione sulle proprie basi, così la spinta dovuta all’espansione dei gas si distribuisce uniformemente sui lati del proiettile sferico.

E’ per questo che la pezzuola rimane al proprio posto fino alla bocca dell’arma.

In quest’ultimo tratto, si svela l’assoluta importanza di una pezzuola “ridotta al minimo”, che si separi dalla palla il più presto possibile, pena prevedibili influenze sulla traiettoria del proiettile. Una conferma dell’utilità del “patch knife” anche sui campi di gara: non è detto, infatti, che una pezzuola già conformata ci offra la stessa “ripetitività” di una creata sul momento, tagliata sempre alla stessa altezza, sempre con lo stesso gesto, spinta sempre dallo stesso ball starter, sempre confortati dalla stessa religiosa, maniacale ritualità.     

Ma il “loading block” non fu pensato certo per il tiro di precisione: come ricorderete l’ho associato a situazioni concitate, emergenziali, quando di tutto ci possiamo preoccupare meno che dell’esattezza alle lunghe distanze. In quei casi c’importerebbe ben poco di una pezzuola lievemente sovradimensionata, e la rapidità di caricamento assumerebbe una dimensione fondamentale quanto “epica”.

Esecuzione


4) Uno dei tantissimi Loading Block acquistabili in Rete: foto importantissima perché mostra lo spessore dell’accessorio, rigorosamente corrispondente al diametro della palla.Ne realizzai uno di forma che più “basica” non si poteva, con una tavoletta di legno di roverella, e usando un volgarissimo trapano a colonna.

Di nuovo: poteva, il sottoscritto, tirarsi indietro? Certo che no, ma commisi un errore.

Il loading block, nel nostro immaginario di archibugieri appassionati di fumetti bonelliani, di Storia “minore” e di lavoro manuale, non può prescindere dal proiettile sferico.

Ne realizzai uno di forma che più “basica” non si poteva, con una tavoletta di legno di roverella, e usando un trapano a colonna.

Il problema fu che optai per uno spessore poco più della metà del diametro del proiettile, che nel mio caso era un .50.

In realtà, lo spessore di un vero loading block dovrebbe corrispondere al diametro della palla, al fine di trattenere il proiettile senza perderlo e favorire l’inserimento in canna. Non a caso, in Rete, sono mostrati loading block su un lato dei quali è intagliato un vano corrispondente alla bocca dell’arma.



5)Vari Loading Block della Heritage Products. La tendenza a decorare ogni singolo accessorio è irresistibile, oggi come all’epoca.

Un dato che non va assolutamente trascurato è il diametro del foro: dobbiamo ricordarci dello spessore della pezzuola, e quindi i fori andrebbero lievemente aumentati perché il proiettile sia sì trattenuto, ma non incastrato.

Esistono un paio di tabelle in pdf con le misure esatte delle punte di trapano necessarie per i fori corrispondenti ai calibri ad avancarica più diffusi. Purtroppo sono in pollici, ma non si può avere tutto dalla vita. Ve ne lascio una io e amen.


6) Tabella recante le misure, in frazioni di pollice, delle punte di trapano necessarie per la produzione di Loading Block. 

Come abbiamo potuto apprezzare, la realizzazione di un loading block è semplicissima. Meno comodo è donare all’accessorio l’aspetto che esso avrebbe avuto all’epoca, dopo anni di esposizione a intemperie, uso prolungato e smaneggiamenti vari, ma non scoraggiate. Non è bello.

Ormai procurarci un incisore rotativo o un piccolo trapano da modellismo a batteria è alla portata di tutti, e a prezzi che definire contenuti sarebbe un rachitico eufemismo. Ancor più reperibili sono le frese di misura adeguata con effetti vari, dalle forme a cuspide fino a quelle sferiche, grazie alle quali simulare le vicissitudini che rendono “vissuto” un pezzetto di legno altrimenti squadrato a perfezione.

Possiamo aggiungere il “fattore tempo” con lo smussare ad arte spigoli vivi, tagli, graffi, sbeccamenti e mancanze grazie a un batuffolo di lana d’acciaio, ma va benissimo anche quella pezzetta metallica “da supermercato”, che usiamo per rimuovere le bruciature dalle cupe terga di pentole, calderoni e tegami.

Per la successiva fase dell’invecchiamento, quella “chimica”, bastano componenti comuni quanto innocue; esistono diverse ricette: fra le tante, il diffusissimo “bitume di Giudea” e la trementina, che mescolati e sparsi sulla superficie del legno a pennello semi-asciutto, senza inseguire l’uniformità, aggiungono in men che non si dica fascino e decenni ai legni non trattati.

Asciugato l’insieme, un passaggio su una ruota in feltro rigido può rendere ancor più parziali e localizzati gli effetti del tempo. Quindi, olio fine prima e cera d’api dopo; un altro passaggio sulla ruota in feltro -ma stavolta del tipo non rigido- e il gioco sarà davvero fatto, per la gioia dei tiratori che vorranno provare l’accessorio nella divisione “Maximilian” (arma lunga rigata a pietra, cento metri a terra, palla sferica e pezzuola, repliche) ma anche dei cultori di Ken Parker, del Comandante Mark e di Blek Macigno.    

Finiamola

So che a questo punto sarete in molti, ad aver notato un certo “americanismo” di tutto quanto da me trattato in questi articoli.

Gli Americani…

1° Non hanno perso la guerra.

2° Hanno un ordinamento giuridico che in caso di inadeguatezza dimostrata di una legge, CONSENTE DI CAMBIARLA ENTRO LA DURATA MEDIA DELLA VITA DI UNA PERSONA.

3° I loro politici saranno pure quello che saranno, ma non arrivano al livello né di idiozia, né di ignavia, né di falsità, né di disprezzo, né di narcisismo al quale sono approdati i politici di un certo Paese a forma di stivale che non nomino.  

4° Hanno un concetto di pubblicistica specializzata che noi ce lo sogniamo.

5° A differenza di un certo Paese in cui sono bigotti perfino gli atei, non ritengono che sia “peccato” trasformare in affare (e lavoro) qualunque umana, lecita passione.

Ci credo che negli anni abbiano imposto la propria Storia perfino alle fabbriche d’armi europee.   

Col prossimo articolo vi parlerò di tutt’altro, e quanto è vero che mi chiamo come diavolo mi chiamo, vi sorprenderò.

Damiano Mastroiaco